di Anna Astrella

Il padre dell’Impressionismo ancora una volta protagonista a Roma. Sono 60 le opere di Claude Monet esposte al Vittoriano fino all’11 febbraio 2018. Si tratta di prestiti del Musée Marmottan Monet di Parigi che vanta di possedere il più importante e numeroso nucleo delle opere del grandissimo artista francese, frutto delle donazioni dei collezionisti dell’epoca e del figlio Michel.

I lavori in mostra sono tra i più cari all’artista, opere che lo stesso Monet conservava gelosamente nella sua ultima e amatissima dimora di Giverny. Però si tratta di dipinti per lo più sconosciuti al grande pubblico e anche a quanti hanno avuto modo di apprezzare il pittore nei più importanti musei del mondo o al d’Orsay di Parigi. Un Monet più intimo e segreto presentato con le caricature realizzare all’inizio della carriera, con i ritratti dei figli e con i fiori del suo giardino che sostituiscono in mostra, quasi sempre, le famose ninfee.

MMT 169623 Hemerocallis, 1914-17 (oil on canvas) Monet, Claude (1840-1926) MUSEE MARMOTTAN MONET, PARIS, ,

MMT 169623
Hemerocallis, 1914-17 (oil on canvas)
Monet, Claude (1840-1926)
MUSEE MARMOTTAN MONET, PARIS

Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, questo il titolo dell’esposizione romana, è incentrata sulla rappresentazione di un Monet “più intimista”: si alternano tele di inquietante modernità come quelle relative ai maestosi salici piangenti, al viale delle rose e al ponticello giapponese. Non manca qualche monumentale ninfea, spazio anche ai glicini e più in generale alla campagna francese, alla natura osservata in ogni sua fase.

“I capolavori contenuti in tali raccolte, soprattutto in quella di Michel – spiega il direttore del Marmottan, Patrick de Carolis – hanno una storia particolare. Monet, infatti, non si era voluto separare da essi, per il timore che non fossero capiti dalla critica e dal pubblico, non sempre comprensivi del suo percorso rivoluzionario. L’artista non aveva tempo per spiegare la sua evoluzione, voleva solo dipingere per cui questi fondi sono un condensato della sua straordinaria modernità”.