di Anna Astrella

Sotto i riflettori l’arte visiva contemporanea declinata con una molteplicità di approcci. Torna a Roma, dopo un’ attesa lunga ben 8 anni, la Quadriennale d’Arte. La XVI edizione è stata presentata ieri rimarcando l’ottica di discontinuità con il passato e l’attenzione all’innovazione. Di qui il titolo Altri tempi, altri miti scelto dalla Fondazione, presieduta da Franco Bernabè, che la promuove insieme all’Azienda Speciale Palaexpo.

La Quadriennale, che sarà allestita al Palazzo delle Esposizioni dal 13 ottobre all’8 gennaio 2017, pur ponendosi nel solco di una grande tradizione storica vuole aprirsi al nuovo per valorizzare al meglio le energie creative e i linguaggi sviluppatisi dopo il Duemila. Che questo sia l’anno del rilancio (dopo la mancata edizione del 2012) sembrano dimostrarlo anche i numeri: 11 curatori (maggiormente tra i 30 e i 40 anni e selezionati da una giuria esterna composta da 5 esperti interdisciplinari) per 10 sezioni espositive, 99 artisti, 150 opere di cui 60 nuove e le altre realizzate negli ultimi due anni, eventi collaterali diffusi in città a cui hanno già aderito 25 realtà culturali tra musei, fondazioni, gallerie private, un roadshow all’estero (sono già state fissate le tappe alla Biennale di Berlino e ad Art Basel). Ripensata e svecchiata anche la modalità organizzativa, con i curatori chiamati a lavorare in sinergia per dare vita a un progetto unitario ma al tempo stesso plurale, che, nella diversità dei singoli, dia conto anche della frammentarietà del mondo di oggi.

L’esposizione offre un vero e proprio viaggio nella Penisola a caccia delle espressioni artistiche più innovative. Ogni sezione della Quadriennale è affidata a un curatore (in un caso a due) e propone ipotesi interpretative della nostra cultura visiva contemporanea in relazione con il contesto internazionale, traducendole con soluzioni di scrittura e dispositivi allestitivi estremamente diversificati. Simone Ciglia e Luigia Lonardelli in I would prefernot to / Preferirei di no presentano una selezione di autori esemplificativi di un’attitudine diffusa del fare arte oggi, riconducibile a un sottrarsi, a un resistere a codificazioni identitarie. In mostra in questa sessione artisti come Mario Airò, Rosa Barba, Massimo Bartolini, Luca Trevisani e Chiara Fumai.

Chiara Fumai, Ritratto, 2016

Chiara Fumai, Ritratto, 2016

La sezione di Michele D’Aurizio con Ehi, voi! propone la ritrattistica come linguaggio tramite cui attraversare le vicende più recenti della nostra arte, per la sua capacità di esprimere una commistione tra sfera individuale e sfera sociale. Luigi Fassi con La democrazia in America invita ad approfondire alcuni aspetti della storia dell’Italia contemporanea attraverso una rilettura del pensiero di Tocqueville.

Simone Frangi in Orestiade italiana volge lo sguardo al contesto del nostro Paese nei suoi versanti culturale, politico, economico, con una riscrittura analogica e corale di alcuni nuclei di un lavoro filmico di Pasolini.

Luca Lo Pinto in A occhi chiusi, gli occhi sono straordinariamente aperti sonda i temi del tempo, dell’identità, della memoria, letti in continua metamorfosi all’interno della relazione tra il singolo e la collettività. Matteo Lucchetti in De Rerum Rurale pone al centro dell’attenzione la ruralità come spazio reale e speculativo nel quale descrivere e re-immaginare il sistema di relazioni tra ambiente naturale e antropizzato, anche nella sua profondità storica. Marta Papini in Lo stato delle cose propone un impianto in progress nel quale la rotazione di artisti molto diversi instaura uno spazio dialettico tra le singole ricerche e tra queste e il pubblico. Cristiana Perrella in La seconda volta individua un nucleo di autori accomunati da un interesse per l’uso di materiali densi di storie già vissute che reinterpretano in insospettabili combinazioni, secondo una poetica della trasformazione. Domenico Quaranta con Cyphoria analizza l’impatto dei media digitali su vari aspetti della vita, dell’esperienza, dell’immaginazione e del racconto. Denis Viva in Periferiche individua nel policentrismo un’originale condizione strutturale del nostro territorio che permea anche la nostra cultura visiva.

In totale saranno, come dicevamo, in esposizione 99 artisti, gran parte dei quali si sono affermati negli anni Duemila. Accanto a questi, compaiono alcuni autori di generazioni antecedenti, ma ritenuti germinativi di alcune delle ricerche espressive più interessanti oggi in atto.

Come ultima cosa va specificato che il percorso espositivo non si struttura in un itinerario predeterminato. Il visitatore – a partire dalla centrale Rotonda che durante la mostra sarà animata da performance, incontri, proiezioni che sono parte integrante dei progetti espositivi di molti curatori – è lasciato libero di iniziare la propria esperienza di visita da una qualsiasi delle dieci sale espositive.